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Il messaggio che l'immagine della copertina vuole fare arrivare, è la rappresentazione del percorso di vita di ognuno di noi:

 

La strada lunga e tortuosa che si vede in copertina, è la fatica, la sofferenza che, nel nostro immaginario ha lo scopo di farci raggiungere la meta per conquistare la felicità.

 

L'orizzonte è la meta, e rappresenta, per l'appunto, la felicità da raggiungere!

 

La rigogliosità, la bellezza del paesaggio invece, è lì a ricordarci quali sono i veri momenti di felicità che viviamo nell'arco della nostra vita, ... ma, purtroppo, nessuno di noi se ne rende conto.

 

 

Adriano, un tassista, racconta il suo percorso di vita tra i più significativi momenti, attraversando importanti scelte esistenziali.

Una storia, come una gentile e divertente carezza, che rivela un animo sensibile, riflessivo e curioso. Un amante della vita da cui trae lezioni per se stesso e per chi ama.

Egli descrive le sue strade battute con simpatia ed alle volte con semplice stupore di chi proviene da un umile passato che dona però, alla sua esistenza, i più profondi sentimenti ed un onore che lo contraddistingue dai luoghi comuni.

Il suo desiderio è quello di narrare vissuti per un lettore che saprà sorridere di alcune esperienze e commuoversi difronte a piccole, grandi sorprese che egli riserva alla sua famiglia, con la volontà di un insegnamento d'amore e di una più larga scuola di vita.

Fa capolino, nella sua fede religiosa, delicatamente intravista, un angelo custode che lo porta per mano aiutandolo a superare i suoi conflitti emotivi, le sue preoccupazioni... come in un gioco di scacchi... egli riuscirà a fare il suo scacco matto nella sua realtà. 

Vi prego di condividere sui social e di aggiungere una recensione dopo aver letto tutto, ovviamente. Sotto troverete anche la Prefazione, un estratto del libro, una dedica e il curriculum vitae. Vi ringrazio se vorreste commentare.

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Prefazione

 

La storia di Adriano Burelli è la storia di un uomo normale che ha vissuto una vita straordinaria. In questo racconto ognuno di noi può riconoscersi, rivivendo i momenti importanti della propria esistenza come riflessi nello sguardo di Adriano, che con costante trasporto emotivo ricorda e condivide con noi gli episodi salienti della sua vita.

Adriano ci insegna infatti, mettendo a nudo la propria storia con il suo stile diretto ma allo stesso tempo variopinto, a vedere la bellezza non solo negli avvenimenti insoliti (e, certamente, tanti ne ha vissuti Adriano), ma anche nella quotidianità, nelle piccole cose sulle quali ci soffermiamo solo quando ripensiamo al passato. Questo è particolarmente evidente nei primi capitoli, nei quali l'Autore ricorda l'infanzia trascorsa nella campagna, in un paesino che oggi ci appare quasi come la scenografia di un film d'autore, ma che Adriano ci fa apparire reale come se fosse davanti ai nostri occhi. Anche la Roma caotica in cui Adriano muove i primi passi da ragazzino è un luogo che non esiste più, ma attraverso gli episodi, e soprattutto le persone raccontate, anche noi oggi riusciamo a coglierne la bellezza.

Di capitolo in capitolo veniamo accompagnati lungo le tappe di una vita piena di sorprese; lentamente ci accorgiamo che, attraverso i tanti ricordi riportati a galla, Adriano ci sta facendo entrare nel suo mondo più intimo, regalandoci emozioni vere.

Non voglio anticipare troppo, perché i colpi di scena sono davvero tanti: anche chi segue da tempo le “clicKatissime” avventure di Adriano scoprirà vicende inaspettate e troverà tante occasioni per ridere e commuoversi leggendo questo libro, questo ritratto di un uomo mai banale che ama sottolineare i suoi “pochi mezzi intellettuali” e la sua scarsa frequenza scolastica ma che in realtà può certamente insegnare qualcosa a tutti noi.

 

Enrico Zampieri


L'estratto del libro intitolato:

 

"UNA VITA IN MOVIMENTO".

 

Sono nato nel 50 in un paesino ai margini dell’Abruzzo, da madre casalinga e da padre che, quando non si ubriacava, si barcamenava tra la terra da coltivare e la vendita di formaggi in bicicletta nei paesi circostanti come venditore ambulante.

A dodici anni sono emigrato nella grande Città per costruire il mio futuro e ho trovato rifugio in una norcineria in via Napoleone III. Il proprietario del negozio mi accolse quasi come fossi suo figlio, ospitandomi in casa e dandomi un lavoro come garzone nella sua bottega. Solo qualche tempo dopo e di duro lavoro, incominciai a soffrire di forti e dolorosissime fitte lancinanti nella pancia, ma anche di bruciori di stomaco per ogni cosa che mangiavo. (Gastrite e colite, sono due malattie neurovegetative. Un cocktail micidiale per un quindicenne). Ovviamente, questi disaggi segnarono la mia giovinezza, ma poiché erano disturbi che venivano e andavano, a quei tempi non gli diedi peso.

A diciannove anni circa, partii per servire la mia patria e scelsi volontariamente il corpo dei paracadutisti. Dopo quindici mesi di duro addestramento, mi congedai con la qualifica di assaltatore scelto della gloriosa folgore. Una volta tornato a Roma, presi l’abilitazione professionale e incominciai a scorrazzare per lungo e largo nella città eterna. Il tassista è un mestiere organizzato a turni, permettendo di avere del prezioso tempo libero e per riempirlo, coltivai diverse passioni: la lettura è stata predominante per la mia crescita personale, ma ho amato anche la fotografia, giardinaggio e la cucina. (Solo dopo diversi anni arrivarono altre passioni).

A ventisei anni ho contratto matrimonio con la mia bella sposa Anna, e dopo quattro anni, è nata la nostra prima bimba. Nel frattempo, i disturbi di salute peggioravano, con l’aggravante di non lavorare più con regolarità. A quei tempi, non capivo cosa stesse succedendo e per non sprofondare in un chissà quale strapiombo, consultai finalmente un medico. Lo psicologo, dopo una visita e una lunga chiacchierata, mi consigliò di cambiar mestiere, affermando che gli psicofarmaci non sono adatti al mestiere del tassista, ma avendo un mutuo da pagare e una famiglia da campare, gli dissi a chiare lettere: «Caro Dottore, lei mi perdonerà, ma questo è un argomento da non toccare». Benevolmente mi rispose: «Allora non posso che darti dei consigli». «Grazie, me li farò bastare». Secondo lui, dovevo trovare qualcosa da fare che mi distogliesse dalle problematiche della vita. Magari, scegliendo una passione che, coltivandola da mattina a sera e dalla sera alla mattina, mi avrebbe aiutato a non pensare e a buttare tutto alle spalle: problemi economici, familiari, lavorativi, compreso il caos del traffico di questa nostra Roma. Ricordo bene quel giorno dal dottore, ma una volta fuori dal suo studio, in testa avevo ancora più confusione, davvero non sapevo a quale santo rivolgermi. Ho sempre creduto fermamente che lassù ci sia qualcuno, magari un angelo custode, pronto ad aiutarci, per questo credo che niente capita per caso.

In quel periodo, fui invitato a festeggiare il quindicesimo compleanno di mio nipote Massimiliano - secondogenito di mio fratello Franco e - non sapendo cosa regalargli, anche perché, io e Anna, eravamo convinti che, qualsiasi cosa si doni ad un maschietto, può trasformarsi in un doppione - rapì la mia attenzione su una dama esposta in vetrina, che solo dopo scoprii fosse una scacchiera, e pur non conoscendone la differenza, decisi di regalargliela lo stesso. Quando mio nipote aprì la confezione, non solo per lui, ma anche per me fu una piacevole scoperta, mi si aprì un mondo fino a quel momento sconosciuto. Dopo il compleanno però, finii per dimenticare l’esistenza di quel meraviglioso gioco, ma chi da lassù me l’aveva bisbigliato, di certo non l’aveva dimenticato.

Passò del tempo e la mia condizione di salute si aggravava, ma un giorno, nel lasciare una cliente davanti ad un’edicola a Monte Verde nuovo, quell'angelo mi prese la testa fra le mani e la girò verso l'edicola, mi cadde l’occhio su di un libro esposto, e lessi: “A.B.C. degli scacchi”, fu per me un illuminazione, e con i soldi della corsa di quell'anziana signora, scesi e lo comprai. Lo lessi e lo studiai più e più volte, aiutandomi con una scacchiera per ricostruire le mosse indicate su quello stupendo manuale. Capii quasi da subito, già dal primo momento che lo sfogliai, capii che quella era la soluzione suggerita dal medico, e mi ci immersi: mente, anima e corpo in quel meraviglioso gioco, perfino chiudendomi in bagno per non essere distratto dai gioiosi gridolini della mia dolce bimba Barbara, che, in seguito, la chiamammo con il vezzeggiativo di Babbu. Dopo solo circa tre anni, il cielo ci regalò un altro meraviglioso miracolo, che chiamammo con il bellissimo nome di Francesca e per non farle torto, la chiamammo Fracikella. Anche perché, da neonata era sempre raffreddata.

Ma torniamo agli scacchi: per imparare il più possibile quel meraviglioso e complicatissimo gioco, finii per tenere una scacchiera in ogni angolo di casa, con posizioni di gioco predefinite, cioè: (momenti di partita giocata da grandi maestri). Misi anche una scacchiera sul sedile al mio fianco mentre guidavo. Costringendo la mia mente a concentrarsi ogni istante della giornata, per dare di tanto in tanto uno sguardo tra un semaforo e l'altro e ricominciare a sviscerare la variante daccapo. Ogni scacchista sa bene che, se cade l’occhio su una posizione predefinita di un momento particolare di una partita, con una soluzione da risolvere, diventa come una trazione fatale. Difficile da sottrarsi. E per trovare la soluzione ci si concentra in pochi attimi e in modo tale, da annullare tutto ciò che c’è intorno, compreso la parte periferica del nostro corpo. A me accadeva proprio questo, tutto spariva se mi concentravo su quel bel gioco, anche i fortissimi dolori di pancia, provocati dalla colite spastica, svanivano nel nulla, ma la cosa più importante, è che mi distraevo da ogni questione quotidiana di questo nostro mondo. Dopo dieci anni di studi e di agonismo, vincendo diversi tornei nazionali e anche qualche soddisfazione internazionale, e alla sola età di trentanove anni, conquistai il titolo di maestro. Per me la soddisfazione fu completa. Ma quel che fu la mia vera vittoria, non sono stati i tornei o le numerose coppe che ho vinto, con le quali ci ho riempito diverse mensole di casa, ma di aver scoperto, con sorpresa, di non soffrire più di colite spastica, né di ulcera duodenale ma anche l'esaurimento nervoso non sapevo più che fine avesse fatto. Grazie a quell'angelo custode di cui, ahimè, non conosco il nome, sono guarito quasi totalmente. Raggiunta la qualifica di maestro, decisi che fosse arrivato il momento di ritiratomi dall'agonismo, anche perché, aver conquistato un titolo così importante, per me fu più che sufficiente e, nel frattempo, conobbi l'informatica.

Anche questa materia stuzzicò, non solo la mia innata curiosità, ma vi trovai fonte d'ispirazione e di possibilità, e me ne appassionai: ricordo ancora il mio primo PC, (Commodore 64 con floppy flessibili somiglianti a piccoli dischi in vinili). e per usare il sistema operativo, bisognava imparare a creare piccoli file BATCH, In seguito, conobbi la PNL, (Programmazione Neuro Linguistica), che ho seguito con il massimo interesse. Dopo un percorso durato una decina d’anni, sono arrivato al compimento dei miei cinquantacinque anni, è allora che mi sono appassionato di scrittura. Incominciai così a scrivere le storie che vivevo e che avevo vissuto all'interno del mio taxi. Era già da qualche tempo che avevo il desiderio di poterle raccontare, anche perché, già dai miei primi giorni di lavoro, mi son capitate cose davvero stravaganti da farmi ripetere a me stesso, più e più volte, è davvero un peccato mortale non farle conoscere al modo intero, ma davvero non sapevo come fare.

Purtroppo, i miei pochi strumenti intellettuali che avevo non erano sufficienti per scrivere dei racconti, anche perché avevo frequentato solo la scuola dell’obbligo dei tempi miei, cioè: le elementari. Speravo di incontrare, durante il mio lavoro, un giornalista o uno scrittore, ai quali affidare molto volentieri le mie esperienze, in modo che potessero scriverle e raccontarle al posto mio, e pur essendoci stato anche qualche incontro, il tutto è rimasto per sempre una promessa, decisi allora di scriverle da me. Ricordo: pensai allora! "Chi se ne frega se le storie non saranno scritte perfettamente, anche perché, so bene che non ci sarà un’anima disposta a pubblicarle, le scriverò solo per le mie bambine e il giorno cui non sarò più di questo mondo, spero che loro e i miei futuri nipotini, nell'aprire il mio PC, potranno leggerle e divertirsi come matti alle mie spalle e, magari, ricordarsi di chi li ha amati incondizionatamente".

Adriano Burelli

DEDICATO A:


Dedico questo libro alla mia splendida famiglia:

alla mia sposa Anna,

compagna dei giochi della vita e amica sincera;

a Barbara e Francesca,

che fin da bambine mi hanno regalato gioia e amore;

ai miei cinque nipotini,

Sofia, Beatrice, Alessia, Massimo e Vittoria,

che mi hanno regalato una seconda vita. 

Grazie a tutti voi di esserci.

Adriano


Nato nel 1950, in un piccolo paesino dell'Abruzzo chiamato Pietrasecca, si è trasferito a Roma alla sola età di dodici anni ... circa.  Dopo aver tentato diversi mestieri e altrettante passioni, tra le quali gli scacchi, ha scelto volontariamente il paracadutismo, per finire in fine, nella flotta dei tassisti romani. è questa l'opportunità che ha avuto per campare la sua famiglia. E in quarantasei anni di tassista ha raccolto diverse testimonianze, sia vissute da lui stesso, dai suoi colleghi e dai clienti. E ne ha fatto una sacra di storie vissute in taxi. 

 

Questa, però, è la storia della sua vita.